Il lavoro nasce da fotografie dei primi ‘900 o da fotografie di donne degli anni ’40: il soggetto viene decontestualizzato per raggiungere una dimensione meno rivolta alle caratteristiche della persona ritratta e a rivelare un anonimato che lo contraddistingue solo come presenza fisica, umana.
Nei dipinti di grandi dimensioni le figure sono quasi assorbite dal fondo, dal paesaggio o da forme geometriche.
Da qui nasce un concetto di “piccolo universo” dove l’essere umano è solo un abitante temporaneo di una realtà fisica e spirituale di cui non ne è pienamente consapevole.
I dipinti di piccole dimensioni si concentrano su volti e ne colgono l’atemporalità, pertanto il sentimento dell’essere umano è immutabile nel corso del tempo.

(…) L’abbondanza di curve diventa allora ondulazione d’animo; gli elementi modellati sulla natura si mimetizzano nel gioco d’erudizione estetica, nel filtro acculturante della sociabilité e nell’erotismo teneramente alluso quale reazione contro la pesantezza della formalità. La stratificazione cromatica nelle tele di Filomena è addolcita da pennellate e colature sinuose e modulanti, a imitazione dell’imprevedibilità del fenomenico; le figure, che si manifestano in studiate pose classicheggianti, rievocano i grandi modelli del passato stagliandosi su fondali quasi incorporei e meditativi. (…)

Federica Maria Giallombardo, estratto critico della mostra Rocaille Coulisses, bipersonale insieme a Emilia Faro, White Lands art gallery, Torino, 2021