L’intervista a Elisa Filomena – l’arte nelle parole degli artisti – a cura di Samuele Papiro

Solitamente quando si parla degli artisti si fa l’elenco delle mostre fatte, si mostrano i lavori ma si indaga poco il processo, le sensazioni, i pensieri di chi necessita di creare. Questo articolo vuole presentare l’intervista fatta ad un artista vivente, senza l’uso di immagini ma solo di parole, di domande e risposte, pensieri che intervengono durante la conversazione. Buona lettura. Buon errore a tutti.

 

Quali artisti hanno influenzato il tuo percorso / processo artistico?

A vent`anni ero innamorata di Egon Schiele, non solo come genio ed artista ma proprio come uomo! Sognavo una relazione platonica con lui, guardavo le sue fotografie e lo immaginavo muoversi nella stanza davanti a me. Il fascino. Il suo disegno che è pittura, mi ha radicalmente trafitto il cuore. Nel 1998 andai a Tulln, sua città natale, vidi la sua casa sopra la ferrovia… suo padre era capostazione: ogni volta che sentivo passare i treni mi sembrava di sentire un grido, il suo grido e come in un film si materializzavano davanti a me le sue opere.

 

Anche nel tuo lavoro disegno e pittura si compenetrano. Ci sono altri mezzi espressivi che ti incuriosiscono?

C`è un interesse che a volte emerge, di scoprire il disegno su un materiale rigido su cui si può incidere: gesso, tavole per incisione, legno… perché a volte quando disegno incido e buco la carta.

 

Se il tuo lavoro fosse un libro quale sarebbe?

Questa domanda è bellissima! Oso… ma perché la sento come donna: i Diari di Sylvia Plath. Riesco meglio a decifrare il vivere la pittura o come sono vissuta da essa, rispetto al dipinto finale, all’opera.

 

C’è una sensazione fisica particolare che ti porta a dire: oggi devo lavorare?

Si, una spinta del respiro. Fisicamente la sento nel moto della respirazione. Respiro quanto lavoro, soffoco quando non posso o non riesco. Devo respirare e col fisico sdraiarmi sulla terra, sento il mio corpo che si ossigena.

 

Pensi che la tua necessità abbia relazione con gli altri? Senti che è in qualche modo un dovere nei confronti del pubblico/ resto del mondo?

Si, ma è uno stato di coscienza innato. Ci nasci con questa responsabilità; il mio dovere è ubbidire e mettere tutte le mie forze al servizio della pittura. L`arte è parte dell’umanità ed è qualcosa che coinvolge tutti. Io devo solo cercare di dare tutta la mia energia individuale ad un collettivo che è più forte di qualsiasi cosa e che unisce tutti.

 

Quali artisti viventi ti incuriosiscono?

I primi artisti che mi vengono in mente sono due pittori e due registi: David Hockney e Marlene Dumas, Lars von Trier e David Lynch.

 

Quale lavoro non artistico ti attrae molto?

L`astronauta… sono attratta dalle loro storie e da come le raccontano. Durante il racconto della loro missione, cerco di porre l`attenzione sul movimento dei loro occhi, sulla loro fermezza professionale. L`unicità del contatto che hanno provato con una dimensione in cui non potremmo sopravvivere fisicamente, che è psicologicamente disarmante… e poi la loro preparazione, il ritorno alla terra.

 

Qual è il luogo adatto per esporre i tuoi lavori? Dove li vedi?

In un luogo in cui chi ne fruisce trovi un beneficio artistico, umano e culturale. In cui lo spettatore trovi acqua per la sua sete.

 

Tu dove trovi questa acqua? Intendo in quale luoghi fisici?

I luoghi fisici che mi ripagano l`animo sono musei, cinema, teatri, biblioteche. Posti dedicati all’arte e alla poesia come valore assoluto.

 

Cosa ha detto a te la tua opera?

Da bambina mi ha preso con se, e maturando mi ha dato completa coscienza del mio stato e dei suoi misteri. Ora il mio lavoro mi parla di tutto ciò che posso comprendere sull’esistenza, dalle cose più semplici della mia personalità alle grandezze più indicibili dell’essere umano e dell’esistenza intesa in senso più ampio. Mi dice di cose che non posso comprendere ma a volte sentire solo attraverso l’intuito o il cuore, tocca la meraviglia della pace interiore e nello stesso tempo descrive dettagliatamente le mie miserie e la condizione umana. Mi racconta di chi ho incontrato, di chi ho perduto e amato di quello che non voglio essere, delle mie limitazioni e di ciò a cui non potrò mai aspirare. Più di tutto mi racconta e mi fa vivere il tormento creativo, l’atto di creare e tutto ciò che comporta. Mi fa vivere in uno stato di completo abbandono alla creatività. Mi dice di avere il coraggio di essere me stessa: la pittura è più vera del riflesso in uno specchio, e mi racconta della verità.

 

Rifletto spesso su come il processo creativo comporti il confronto con la verità. Però mi chiedo, un mondo ideale avrebbe l’arte? O saremmo tutti creativi / artigiani? Mi sembra che l’arte si imponga in un mondo che cela la verità. Nelle tue risposte trovo conferma di necessaria trascendenza. Di andare oltre. Sei credente?

Cito dalla tua domanda una frase su cui rifletto anche io: «…l’arte si impone in un mondo che cela le verità», ed è così per me, in quanto in questa natura è necessaria anche come strumento per sentire la trascendenza e farne parte. Ho quindi fede nella trascendenza dell’arte.

 

Ci pensi che ci sono manufatti che noi oggi reputiamo arte e nel momento della loro creazione non lo erano? Cosa oggi potrebbe non essere arte e domani avere quel ”valore”?

Si Samuele, ogni tanto rifletto su questo, ma ho una coscienza critica limitata a ciò che sento e che riconosco. Vivo nella pittura che mi insegna e sorprende ogni giorno, e la sua ricerca è illimitata e sconosciuta. Questo è tutto quello che so, e purtroppo, per mio limite, non riesco ad avere idee più precise in merito. Ti posso dire che quello che non è autenticamente spinto da un’esigenza profonda e da un grande e sconsiderato lavoro e talento non è arte. Ma neanche questo basta, perché l’arte viene a noi indipendentemente da ogni volontà. Si riconosce immediatamente.

 

Stai leggendo qualcosa in questo periodo?

Pochi giorni fa sul treno ho cominciato a leggere Meno di zero di Bret Easton Ellis è sto finendo Iside svelata di Helena Petrovna Blavatsky.

 

Quale libro ogni artista dovrebbe leggere?

Le lettere di van Gogh

 

Trovi curatori galleristi e collezionisti che condividono la tua visione estetica? Ti senti compresa?

Devo accedermi una sigaretta… sono emozionata… ho legami importanti e di affetto con curatori, colleghi e collezionisti: il rapporto con loro è uno scambio fertile, raro e anche di amicizia. In questi ultimi anni è accaduta una rivoluzione in quanto ho conosciuto persone speciali che mi hanno veramente dato tanto e a cui devo tanto. Ho il desiderio propositivo di collaborare con una galleria che creda nel mio lavoro.

 

Nei tuoi lavori il ritratto domina. Le linee incrociano sfumature e gli sfondi rimandano al liquido. Sembra esserci un tentativo di ricomposizione di qualcosa che si sta perdendo. Trovo estremamente contemporaneo il tuo mondo e allo stesso tempo classico. Un mondo liquido. Gassoso. Mi immagino i tuoi lavori disposti in un disordine preciso. All’interno di una bottiglia. Quale arte di oggi o ieri vedi in risonanza con la tua?

Mi ritrovo molto nelle tue parole… ti ringrazio. Sento una forte connessione con l’arte dei primi del ‘900… ma nello stesso tempo sono affascinata dalla pittura tutta nella sua interezza; dall’inizio dei tempi fino alla pittura contemporanea. Non ho un tempo, è tutto un unico discorso.

 

Quando guardi i tuoi lavori, ”a distanza”, qual è il sentimento prevalente?

La pittura è un organismo vivo. A volte un lavoro lo sento vivo subito, altre volte prende vita col tempo. Quando riguardo i miei dipinti passati lontani nel tempo scopro cose che all’ epoca non avevo notato… rimango stupita per il fatto di non aver mai colto quei particolari… o delusa per il limite che portano. La mia percezione gioca brutti scherzi con il lavoro che produco… non sono perfettamente consapevole di quello che ho fatto. Credo che la pittura passi oltre tutto… il tempo riesce a darmi più capacità critica. Questo in generale sul lavoro che finora ho avuto modo di fare. Poi ci sono le eccezioni, i dipinti pietre miliari… quelli rimangono sempre se stessi nel tempo. Li sento vicini sempre e riconosco che lì non c`è una ricerca ma una risposta.

 

Intervista a cura di Samuele Papiro, articolo pubblicato su:

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