Selvatico [TREDICI] – 2018 Fantasia / Fantasma – Pittura tra immaginazione e memoria – Cotignola

Fusignano, Cotignola, Ravenna: è questo il percorso disegnato quest’anno da Selvatico, che da tredici anni collega luoghi, musei ed edifici storici diffusi nel territorio romagnolo. Il risultato finale è una sorta di mappa geografia e percorso espositivo che coinvolge e connette le opere di trentasei artisti contemporanei provenienti dal panorama nazionale italiano, con una particolare attenzione rivolta alla pittura.

Selvatico riparte così dalla pittura e in particolare da quella italiana, non mancando di tenere conto delle sue ramificazioni, ibridazioni e innesti con altre discipline tra cui disegno e scultura, fumetto e installazione. Le opere in esposizione nei diversi luoghi di Selvatico traggono ispirazione, come ogni anno, da un particolare tema scelto che per questa edizione si basa dall’incontro, coesistenza e giustapposizione di Fantasia/Fantasma, immaginazione e memoria: due termini con una radice comune che indicano una stessa origine delle immagini e del processo mentale che le sostiene.

Come ogni anno, cuore del progetto è il Museo Varoli di Cotignola che punta il suo sguardo verso le piccole realtà, creando una rete, e segnalando sempre il suo sguardo periferico e il suo operare ai margini. È a partire proprio da questa rete che Selvatico prova a innestare i nuovi sguardi di una serie di artisti di varia provenienza geografica, capaci di innescare una relazione tra luoghi, opere e persone. In questo contesto, i musei diventano luoghi di produzione aperti al contemporaneo, custodi e promotori di un’identità mobile e sempre incerta, inquieta e in trasformazione.

La tredicesima edizione di Selvatico si apre a Fusignano sabato 10 novembre al Museo civico San Rocco con la mostra di Andrea Chiesi e Daniele Galliano, la cui pittura attiva un dialogo tra le due sale del primo piano del vecchio ospedale, per convergere poi in un confronto diretto e serrato fatto attraverso il disegno nella piccola sala centrale. Si tratta di esiti molto diversi e distanti, dovuti anche a sguardi generazionali lontani tra loro, che si incontrano però nella pratica della pittura e nella temperatura livida e notturna. Al Centro culturale Il Granaio saranno invece inaugurate le mostre di Marta Sesana e Giuliano Sale: un altro dialogo, tra la pittura misteriosa della prima e quella oscura e felice del secondo, che nel loro distanziarsi trovano punti di contatto. Quattro artisti dunque: un confronto che non è solo generazionale, ma che mette in risalto le due anime di Selvatico, Fantasia/Fantasma: da una parte una pittura quasi in bianco e nero, di fantasmi e ombre, dall’altra il colore acceso e saturo, e la fantasia che costruisce e smonta l’immagine frammentandola in un caleidoscopio di visioni forti, violente, felici e incomprensibili, surreali, drogate e sognanti.

Dopo Fusignano, Selvatico farà tappa a Cotignola con l’inaugurazione, sabato 24 novembre alle ore 16 di numerose mostre distribuite in diversi luoghi della città. Al Palazzo Sforza si troveranno le opere di Juan Carlos Ceci, Enrico Tealdi, Rosario Vicidomini, Sabrina Casadei, Beatrice Meoni, Julie Rebecca Poulain, Manuel Portioli, Riccardo Cavallini, Silvia Argiolas, Giovanni Manunta Pastorello, Agnese Guido, Andrea Fiorino; allo Spazio corso Sforza 27 saranno esposte le tele di Elisa Filomena e Azadeh Ardalan; alla Casa-studio Luigi Varoli il pubblico potrà trovare i lavori di Francesco Bocchini; mentre a Palazzo Pezzi troveranno spazio Stefano W. Pasquini, Angelo Bellobono, Marco Bettio, Ettore Pinelli, Giorgio Pignotti, Francesco Cuna, Amandine Samyn, Giulio Saverio Rossi, Andrea Grotto, Barbara De Vivi, Paolo de Biasi, Luca Moscariello, Benedetto di Francesco, Giuliano Guatta, Simone Luschi.

Selvatico si chiuderà infine a Ravenna, con l’ultima inaugurazione venerdì 7 dicembre presso VIBRA Spazio contemporaneo di idee delle mostre di Gio Pistone e Nicola Alessandrini che resteranno aperte al pubblico fino al 31 gennaio 2019.

1 > Fusignano
Museo civico San Rocco, Via Monti 5
Centro culturale Il Granaio, Piazza Corelli, 16 (Corte Raffaello Baldini)
Inaugurazione sabato 10 novembre ore 17
11.11.2018 – 20.1.2019

2 > Cotignola
Museo civico Luigi Varoli, Corso Sforza
Inaugurazione sabato 24 novembre ore 16 presso il Teatro Binario, Viale Vassura (conferenza di presentazione)
25.11.2018 – 27.1.2019
Orari di apertura: giovedì e venerdì 16.30-18.30; sabato, domenica e festivi 10-12 e 15.30-18.30; aperto anche su prenotazione
• Palazzo Sforza, Corso Sforza 21
• Spazio Corso Sforza 27
• Casa-studio Luigi Varoli, Corso Sforza 24
• Palazzo Pezzi, Corso Sforza 47

3 > Ravenna
VIBRA Spazio contemporaneo di idee, Via M. Fantuzzi, 8
Inaugurazione venerdì 7 dicembre ore 18.30
8.12.2018 – 13.1.2019

 

Paesaggio con figura. Nidi. Campi di battaglia. Preghiere e sortilegi. Nell’affiancare, nel cercare ostinatamente di far incontrare e incrociare mondi, e modi di vedere, anche se solo per un tratto o un momento, nel giustapporre idee del mondo che rivelino al tempo stesso affinità e contrasti, nella ricerca costante e testarda di costruire discorsi plurali fatti sia di risonanze che di divergenze, di similitudini e distanze, in questo, verrebbe da dire, necessario ricorso alla polarità e alla coesistenza di estremi e insiemi, si nasconde, neanche troppo, la convinzione che le cose si vedano e comprendano meglio e più distintamente grazie anche a questa frizione e contatto talvolta forzato o arbitrario.

E questa tendenza quasi rabdomantica a cucire distanze e svelare sintonie, permette poi di innescare incontri e convergenze felici e luminose com’è nel caso di Elisa Filomena e Azadeh Ardalan che espongono insieme con due piccoli solo nelle due camere affiancate e comunicanti di un bel negozio sfitto che si trova a fianco del museo, che ha due vetrine che si affacciano sulla strada, quasi come una sorta di acquario che permette già da fuori di intuire quel che c’è e avviene dentro: corpi, donne e uomini, situazioni e gesti come bloccati nell’ambra.

Presenze e figure, ombre e fantasmi evocati. Movimenti congelati lenti, azioni e attese. Momento. Memento. Paesaggi bucolici, giardini e interni come scene o fondali teatrali o set cinematografi. Elisa e Azadeh, vicine e lontane; davvero una sorta di capogiro qui, e di opposti che convergono circolarmente innescando un film senza fine, massima distanza e massima affinità al tempo stesso. Per entrambe una produzione ininterrotta e fiume, copiosa e corposa, quasi un flusso di coscienza o un diario giornaliero fatto di fantasmi intravisti o ricordati a creare uno sciame di immagini che sgorga ininterrotto e senza sosta. Vite parallele: disegnata e dipinta una, artigiana, imperfetta, slabbrata, stenografica e non finita; dipinta digitalmente l’altra, altrettanto veloce, efficace e rapida nel catturare e raccontare scene e fatti muti galleggianti sospesi.

Una pittura fatta di segni e tracce come se quello che resta sulla superficie fosse impronta o residuo di immagine slavata e corrosa, ombra colorata che si sgretola e sfalda, immagine persa e poi riacciuffata velocemente prima della sua sparizione ultima, il bianco del foglio o della tela presente e molto, chiarore pallido e tracce di colore antico di terra e aranci e marroni e rossi. Pittura seduta spiritica. E pennellata che, più si carica di memorie, impressioni e visioni, più si scarica inversamente di materia, seccandosi in bave sottili, filamenti nervosi, scie, rapidi trascinamenti e tracce sbiadite.

Tutto pieno nell’altra invece, campiture, piani, fondali e situazioni, per opposto, quasi sempre notturni, fatte di luci al neon e lampade a illuminare gli interni di stanze, camere e soggiorni, letti e divani, piante e tavoli e lacrime amare. In viola e giallo e verde acceso squillante. Solitudini, malinconie e statiche derive.

Corpi sempre, come tenuti a una giusta distanza: figure nel paesaggio e figure in interno; pittura digitale e pittura calda non finita o corrosa dal tempo. Colore ancora, vibrante.

Dal museo al paesaggio. Storie di luoghi, persone, cose. O della pittura come disciplina della carne. A Cotignola una mostra che si articola e ramifica in quattro spazi espositivi, poco meno di cento metri a separarli e congiungerli: un museo con i suoi tre piani a Palazzo Sforza e di fronte una casa museo, quella appartenuta a Luigi Varoli; poi un negozio in attesa di essere affittato e, poco distante, un palazzo storico sonnambulo e disabitato, ultimo approdo di questa mappa, uno dei pochi edifici a esser scampato ai bombardamenti alleati che hanno raso al suolo quasi interamente il centro abitato di Cotignola durante la seconda guerra mondiale e il lungo stazionare del fronte sul fiume Senio.

Dentro, distribuiti e sparsi come arcipelago tra le stanze e le sale di questi edifici e case e palazzi, tutti affacciati su corso Sforza (la via centrale), trenta artisti a disegnare una costellazione di piccoli solo e personali e di confronti fatti di dialoghi tra due, tre e quattro autori per camera, a creare una sorta di flusso che attraversa come ventosità gli spazi, congiungendo e collegando le presenze, le opere e le cose viste per via di un sistema di risonanze, contrasti e affinità, echi e divergenze.

Tentativi di orientamento e possibili geografie che si muovono e provano a mettere ordine tra le molte direzioni, sentieri, umori e temperature della pittura e del dipingere. Un percorso articolato, corale e plurale, tra passaggi più o meno morbidi e dolci, percepite sintonie nell’aria, e accelerazioni improvvise, strappi e rotture, cambi di direzione che funzionano come spezzature e incrinarsi del discorso, terremoti che scuotono pensieri e superfici, affiancarsi simultaneo di opposte idee e visioni del mondo. Sintonie similitudini attriti che fanno vedere meglio.

Così, proviamo a raccontare o anche solo a seguire l’andamento della mostra e delle mostre di Cotignola come se si trattasse di un unico e lungo piano sequenza che incontra e attraversa luoghi e spazi, opere e dipinti, storie e cose, scivolando su queste complessità e facendole connesse, intrecciate e inseparabili per un tratto; una continuità mutevole e cangiante che è anche della pittura, linguaggio decisamente principale e predominante qui, ma che non manca poi di imbastardirsi e mettersi in discussione con il disegno, il collage, l’installazione e la scultura…

L’intero percorso espositivo e la geografia di Selvatico abbraccia in tutto trentasei artisti provenienti dal panorama nazionale italiano. In occasione di questo nuovo episodio è stato stampato il tredicesimo libro, complementare e in continuità con quello di Foresta prodotto lo scorso anno.

La rassegna è curata da Massimiliano Fabbri del museo civico Luigi Varoli di Cotignola, con il contributo e patrocinio della Regione Emilia-Romagna, Ibc (Istituto per i Beni artistici, culturali e naturali), in collaborazione con l’associazione culturale Primola di Cotignola; sostenitore principale è Villa Maria Research; altri sostenitori sono Hera, Conad Cofra Cotignola, Lugo Immobiliare, Coerbus.

Per maggior informazioni clicca sui seguenti link:

http://www.museovaroli.it/2018/10/29/selvatico-13/

http://www.exibart.com/profilo/eventiV2.asp?idelemento=180350

http://www.comune.cotignola.ra.it/Citta-e-territorio/Eventi-e-manifestazioni/Calendario-eventi/Selvatico-tredici-2018-Fantasia-Fantasma-Pittura-tra-immaginazione-e-memoria2

http://www.emiliaromagnaturismo.it/en/events/ravenna/romagna-deste/selvatico-tredici-fantasia-fantasma

http://www.ravennatoday.it/eventi/la-fantasia-fantasma-di-selvatico-quattro-spazi-d-arte-per-trenta-artisti.html

http://www.racine.ra.it/Cosa-succede-nel-territorio-tutte-le-notizie/Selvatico-tredici-Fantasia-Fantasma

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SCARICA – Pieghevole Generale

Selvatico disegna una mappa che congiunge luoghi, musei ed edifici storici diffusi nel territorio romagnolo, intrecciando questa pluralità di spazi, e le storie contenute in essi, all’interno di una geografia e percorso espositivo che coinvolge e connette opere e artisti contemporanei, con una particolare attenzione rivolta qui alla pittura e a quella che sembra, a tutti gli effetti, una sua ennesima stagione felice.

Non che la pittura sia mai stata abbandonata, o che questa fase rappresenti un ritorno inatteso a questo linguaggio dopo anni di silenzio e nascondimenti, anche se è evidente che da parte di una fitta schiera di giovani autori la pratica del dipingere è tornata a essere nuovamente centrale. E tangibile poi il moltiplicarsi vertiginoso di mostre che si impegnano a fare luce su questo mezzo e a scrutarlo e indagarlo, senza per questo poter mai scrivere la parola definitiva, trattandosi sempre e comunque di un linguaggio imprendibile e sfuggente proprio perché vitale.

Selvatico propone così, come è stato nelle sue ultime edizioni, a cui si ricollega come ripresa di un filo e discorso interrotti e sospesi, una serie di mostre che guardano principalmente alla pittura. E dall’esplorazione sulla pittura italiana riparte senza tralasciare al contempo alcune delle sue molte ramificazioni, ibridazioni e innesti con altre discipline tra cui disegno e scultura, fumetto e installazione, a ribadire la mobilità, vivacità e forza di questo mezzo, linguaggio, disciplina e mondo.

Cuore e centro del progetto è il Museo Varoli di Cotignola che, anche a partire dalla felice vicenda rappresentata dal cenacolo varoliano in bassa Romagna della prima metà del novecento, traduce questa esperienza e la riattualizza, allargando ed espandendo questa vocazione ostinata che mira a favorire, portare e coltivare l’arte in provincia, presenza inattesa ma necessaria, vitale e urgente. Lo fa guardando a piccole realtà, facendo rete, e segnalando sempre il suo sguardo periferico e il suo operare ai margini, una sorta di giusta distanza che diventa una delle chiavi per cercare di orientarsi, esplorare il presente, guardarsi intorno e rilanciare domande.

Una provincia che sembra poter essere ancora, quasi resistente, o dimenticata, panorama e scenario disponibile all’incontro, al confronto e dialogo, anche a ribadire una caratteristica propria e specifica del territorio italiano tutto, vera e propria costellazione di piccoli centri che rende luoghi, paesaggi, presenze e testimonianze artistiche un prezioso unicum, indivisibile e fatto di diversità, cucito lentamente da scambi e rimandi, influenze e aperture.

Un tessuto su cui Selvatico prova a innestare nuovi sguardi, quelli di una serie di artisti di varia provenienza geografica, tra giovani autori e altri più affermati e conosciuti, capaci di innescare una relazione fertile tra luoghi, opere e persone, tra il vicino e il lontano, tra una dimensione locale non arroccata o impaurita, né scimmiottante quel che avviene in città e nei grandi centri, e una nazionale.

Ascolto e coltivazione sono le modalità di questo progetto che mette al centro i musei, intesi non solo come contenitori e raccolte, ma come luoghi di produzione aperti al contemporaneo, custodi e promotori di un’identità mobile e sempre incerta, inquieta e in trasformazione.

Un ruolo e una collocazione che caratterizzano Selvatico come sguardo e spazio indipendente, tra le cui funzioni c’è sicuramente quella di offrire e segnalare punti di vista altri, assumendo rischi nel disegnare traiettorie divergenti e non somiglianti, acquisendo modi di fare e vedere che seguono pratiche e movimenti diversi rispetto a quel che può avvenire in un sistema che invece non può prescindere, nel bene e nel male, dal valore del mercato ed economia.

Dopo le mostre del 2017 che avevano a che fare con l’immagine e ombra della foresta, metafora vegetale del dipingere e della pittura stessa, e anche sguardo che si volgeva all’attenzione da parte di molti artisti al dato naturale e sua rappresentazione, il prossimo episodio di Selvatico parte invece dall’incontro, coesistenza e giustapposizione di due termini Fantasia/Fantasma a segnalare, più che un tema specifico o un umore, un’affinità o radice comune presente nelle due parole, un intrecciarsi e sfumare che ci sembra abbracciare bene la condizione propria del formarsi delle immagini, prima ancora dei contrasti e divergenze apparenti tra le due suggestioni che si rivelano infine non del tutto separabili, ma estremi di una polarità comunicante.

Emerge qui una tensione che è della rappresentazione e propria della pittura, da una parte il rischio costante e l’insidia della possibile sparizione dell’immagine dovuta al suo stratificarsi in pelli che negano e sommergono segni e gesti precedenti, o del non finito, e, dall’altra, una sua capacità di dare spazio alla narrazione e alle storie, dove il dipinto è ancora finzione, trappola e macchina scenica, inganno, finestra che si apre e affaccia spalancando mondi e in cui il mondo è, non solo ricordato o visto, ma immaginato e fantasticato ogni volta. O ricondotto talvolta a sintesi e precisione misteriosa di pura immagine fatta da segno tremante. E pittura che spesso, in un gioco di specchi, riflette su se stessa.

Due o più direzioni non per forza in contrasto o alternative, ma molte volte scivolanti e slittanti l’una all’altra, capaci di nutrirsi a vicenda, o di ostacolarsi; un incontro e intreccio che si risolvono e ramificano in una pluralità di direzioni, traiettorie e piste.

Pittura come animale o forma collettiva, oscillante tra racconto e sparizione, ora descrittiva ed esatta, sintetica o ricca di dettagli, ora vicina alla perdita e all’abbandono, come impegnata in una sorta di lotta e tentativo per salvare residui e pezzi di visione, memorie e tracce del tempo che si sommano, crescono e negano. Velandosi e svelandosi.

Fantasia e fantasma, o anche immaginazione e memoria: due parole che hanno la stessa origine a ribadire una radice comune delle immagini e del processo mentale che ci porta a pensarne e farne di nuove, o a tradurre, trasformare e tradire quelle già esistenti.

La mostra affianca e segue queste molteplici direzioni e polarità della pittura contemporanea, contrapponendole talvolta, integrandole indistinguibili altrove, tracciando nuove piste e sentieri che conducano fuori dal bosco, o che ci sperdano in esso.

Teste e foreste, memorie vegetali, paesaggi con figure, scenari, luce e ombra, le cose e gli oggetti come custodi muti delle storie, animali, fiabe e racconti.

L’idea che sta alla base delle mostre che si vedranno in questa edizione gira intorno a uno scritto di Gianni Celati intitolato Sulla fantasia contenuto in Conversazioni del vento volatore edito da Quodlibet nel 2011. Ne riportiamo un paio di passaggi che sembrano adattarsi bene, non solo al processo e farsi del pensiero e delle immagini, ma anche alla pratica stessa del dipingere:

«Il fatto è che noi ci serviamo della fantasia tutti i momenti per interpretare le cose, cercando di capire quello che è fuori dalla nostra portata; e tutto il nostro sistema emotivo dipende da come immaginiamo ciò che non è sotto i nostri occhi. Quando abbiamo paura, quando siamo a disagio, quando siamo gelosi, quando facciamo progetti, entra in gioco l’atto del fantasticare. Quando siamo innamorati non facciamo che ripassarci il film delle fantasie sull’essere amato, e anche quando riflettiamo cerchiamo aiuto nell’immaginazione o nella fantasticazione. Il fantasticare è così assiduo che lo diamo per scontato. Però se si inceppa abbiamo un campanello d’allarme, che è la noia: la noia è una specie di nebbia mentale che blocca gli slanci immaginativi, e rende fastidioso il flusso di stimoli che viene dal mondo esterno. (…)

Aristotele chiama in due modi le immagini che sorgono dalla mente: phantasma e phantasia, entrambi dal verbo phaino, “mostrare”. Sono figurazioni che “si mostrano” in noi come un richiamo a percezioni avute o possibili. Queste immagini della mente, dice Aristotele, sono una combinazione di ciò che abbiamo percepito attraverso i sensi e ciò che opiniamo con l’intelletto. E nel trattato sulla memoria dice che la memoria è un portato dell’immaginazione; dunque immaginazione e memoria non sono separabili. Ricordare vuol dire in qualche modo immaginare la cosa ricordata, ripensarla fantasticamente. É anche l’idea di Giambattista Vico, il quale diceva che “la memoria è l’istesso della fantasia”».